Percorso di visita

Alla scoperta dell’Antico Porto di Classe

All’interno dell’area archeologica dell’Antico Porto, è possibile visitare il sito archeologico in due modi:

  • liberamente, seguendo il percorso indicato dai pannelli illustrativi e pagando il biglietto di ingresso;
  • accompagnati da una guida specializzata, prenotando una visita guidata.

Un percorso in 10 tappe

Lungo il percorso di visita sono collocati una serie di pannelli che illustrano il percorso narrativo incentrato sulla quotidianità del porto di Classe e, nella parte finale, sul suo sviluppo ed il suo abbandono.

1. Un paesaggio lagunare
2. Le strade di Classe
3. L’attraversamento del canale
4. Un piccolo tesoro tra le rovine
5. Un’area per il rimessaggio delle imbarcazioni
6. I magazzini affacciati sul canale
7. Magazzini e laboratori
8. Un magazzino del tempo di Teodorico
9. La stratificazione storica del porto di Classe
10. Costruire riciclando

Gli abitati di Ravenna e Classe in antico (VI secolo d. C.)

1. Un paesaggio lagunare

Il paesaggio di Classe è profondamente mutato dall’antichità. I sedimenti trasportati dai fiumi hanno interrato le lagune che un tempo contrassegnavano questo territorio. La riva del mare, che in età romana distava poche centinaia di metri, si è allontanata di ben 9 chilometri.
Ancora nel VI sec. d.C. questa zona corrispondeva a un isolotto che divideva in due la bocca di porto da cui le imbarcazioni accedevano alle lagune interne. Sulla riva opposta, più avanti, avreste scorto la diga foranea che proteggeva l’imboccatura del canale e il grande faro, che per imponenza era paragonato a quello di Alessandria.
Sull’isola sorgevano vari edifici. I pochi resti venuti in luce non hanno permesso di precisarne la funzione. Erano fiancheggiati dalla strada, ad uso prevalentemente pedonale: sul lastricato mancano i caratteristici solchi di usura lasciati dalle ruote dei carri.

2. Le strade di Classe

Le vie di Classe inizialmente erano pavimentate con terra battuta e macerie sminuzzate. Con lo sviluppo urbanistico del porto, intorno al V sec. d.C., furono lastricate con blocchi di trachite, una pietra compatta proveniente dalle cave dei colli Euganei, in provincia di Padova.
Ai lati della carreggiata correvano marciapiedi rialzati (crepidines) orlati da pietre infisse in verticale (umbones) e a tratti coperti dai porticati dei magazzini antistanti. Le acque piovane confluivano attraverso basoli forati in canalette di scolo sotterranee che servivano anche gli edifici.
Le comunicazioni ad ampio raggio erano garantite dalla via Popilia, costruita già nel 132 a.C. per volere del console Publio Popilio Lenate, che collegava Ariminium (Rimini) ad Hatria (Adria) passando per Classe e Ravenna.

Caditoia che convogliava le acque piovane della strada nelle canalette di scolo
I resti delle strutture lignee di contenimento della sponda

3. L’attraversamento del canale

La strada lastricata conduceva alla riva del canale. Di qui un collegamento doveva consentire di attraversarlo e di proseguire sulla strada che partiva dalla sponda opposta, esattamente allineata.
Benché non mancassero ai carpentieri dell’epoca le capacità per costruire un ponte di questa lunghezza, si ritiene che l’attraversamento fosse garantito da un traghetto: gli impalcati di pali e travi individuati sulle due rive non sembrano appartenere alle testate di un ponte, ma piuttosto a degli approdi. Un ponte fisso avrebbe sbarrato la strada alle imbarcazioni in transito.
Per prevenire lo smottamento delle rive e l’interramento dell’alveo, le sponde, attrezzate con moli per il carico e scarico delle merci, erano sostenute da una barriera di pali infissi in verticale, controventata da travi oblique.

4. Un piccolo tesoro tra le rovine

Nel corso degli scavi dell’Antico Porto, nel 2005, è venuto alla luce un tesoretto: in una fossa scavata nel terreno sono stati trovati sette cucchiai in argento dorato e una scodella in argento. Si tratta di oggetti preziosi, finemente decorati. La scodella con motivi a fiori, mentre i cucchiai sono diversi tra loro. Uno è senza decorazione, con un nome inciso: RUTA. Sugli altri ci sono raffigurazioni di animali: anatre, una testa di elefante, colombe. E poi una croce.
Gruppi di oggetti come questi vengono in genere interpretati come offerte per la fondazione di una chiesa.
Questi tesori restavano poi nel patrimonio della chiesa a cui erano stati donati e potevano essere usati per le cerimonie, come il battesimo. Non è quindi escluso che in questo caso facessero parte dei beni di una chiesa non troppo lontana dal porto, forse la Basilica Petriana.
Dal punto di vista stilistico gli oggetti del tesoretto si possono datare tra il V e il VII secolo. Furono nascosti durante l’VIII secolo, un momento molto difficile per Classe, che allora subì un terremoto e alcuni attacchi da parte dei Longobardi.

Il tesoretto viene portato alla luce durante la campagna di scavi del 2005
Stele-ossuario di Mont(ano) Capitone, classiario (marinaio) della flotta militare di Classe nell’epoca giulio-claudia (I secolo d. C.)

5. Un’area per il rimessaggio delle imbarcazioni

All’interno dello scavo è stato individuato un ampio piazzale pavimentato con cocci e laterizi sminuzzati. Il piano digradava dolcemente verso il canale, terminando con una rampa che si ritiene servisse a tirare in secca le imbarcazioni.

Come in ogni porto, anche a Classe il rimessaggio di navi e barche rappresentava una delle principali attività. L’edificio 11 era forse un laboratorio dedicato a queste operazioni.

Un approfondimento di scavo ha individuato un tratto delle banchine del porto di età augustea, ora non più visibili. La loro posizione arretrata indica che il canale, da quell’epoca, si andò progressivamente restringendo.

6. I magazzini affacciati sul canale

Gli edifici principali sono magazzini per lo stoccaggio delle merci, che venivano sbarcate dalle navi e caricate sui carri e viceversa. La comunicazione rapida con la città è garantita anche da una strada lastricata, a fianco del canale.
I magazzini, costruiti in mattoni, sono separati da viottoli sotto cui scorrevano cloache coperte che raccoglievano gli scarichi degli edifici e le acque pluviali dalla strada e dai tetti.
Hanno pianta quadrangolare e una struttura essenziale. In genere si affacciano sulla strada con un portico, che a volte torna anche sul lato posteriore (nel caso questo di affacci a sua volta sul canale). I magazzini più grandi potevano avere un piano sopraelevato.
All’interno possono avere un cortile, in cui è possibile svolgere attività artigianali; oppure sono divisi in più navate da pilastri, e in questi casi il cortile può trovarsi sul lato posteriore.
Sono strutture funzionali al loro scopo: nei portici poteva avvenire la prima divisione delle merci, che poi all’interno trovavano una sistemazione più adatta, in attesa di essere immesse sul mercato.

Il deposito delle anfore all’interno del magazzino 17
Scorie prodotte dalla forgiatura di oggetti in ferro

7. Magazzini e laboratori

Sul lato opposto della strada sorgevano altri edifici commerciali. Alcuni erano simili a quelli affacciati sul canale, articolati intorno a una corte centrale. Altri erano più allungati e avevano uno solo grande vano. Pilastri interni contribuivano a sorreggere le capriate del tetto. Alcuni avevano un porticato sulla strada. Sul retro si aprivano piccole corti chiuse. Questi edifici fungevano principalmente da magazzini, ma potevano ospitare anche attività artigianali: sono state trovate tracce di impianti e scarti di lavorazione del vetro, dell’osso, della ceramica e del ferro.

8. Un magazzino del tempo di Teoderico

Nel corso degli scavi è stato individuato l’edificio 17: si trattava di un magazzino con un unico grande ambiente, diviso in tre navate da pilastri. Aveva un portico affacciato sulla strada e un cortile sul retro. Fu distrutto da un incendio tra la fine del V e l’inizio del VI secolo d.C., durante il regno di Teoderico. Le fiamme non permisero di mettere in salvo le merci, che sono state ritrovate al loro posto, schiacciate sotto le macerie. Sappiamo così che un settore del magazzino era destinato a vini, salse di pesce e profumi, contenuti nelle caratteristiche anfore spatheia, mentre in un altro era conservato l’olio, in anfore più grandi e panciute. In un altro ancora erano stoccate ceramiche da mensa e lucerne. Alle spalle si trovavano poi granaglie e legumi conservati in sacchi di tela. Tutte queste merci provenivano dal nord-Africa, la rotta commerciale più attiva in questo periodo.
Questa scoperta rappresenta un vero fermo-immagine, molto raro, che ci ha mostrato il funzionamento di un magazzino di età tardo-antica, compresa la maniera di stoccare i contenitori: i puntali delle anfore venivano conficcati nel pavimento di assi di legno appositamente forate, e questo ne garantiva la stabilità.

La ricostruzione del magazzino 17
Una delle sepolture ad inumazione (VII secolo d. C.) rinvenuta all’interno dello scavo

9. La stratificazione del porto di Classe

Nel corso della lunga storia del sobborgo di Classe, case, magazzini, strutture portuali e artigianali, si sono sovrapposte le une alle altre, generando una complessa stratificazione archeologica.
Per portare in luce il tessuto urbano della città del VI sec. d.C. si sono dovuti asportare strati archeologici più recenti, che contenevano resti di abitazioni, laboratori e capanni del VII, VIII e IX secolo d.C., oltre a numerose sepolture sparse o raggruppate all’interno di alcuni magazzini dismessi.
Per conservare e offrire alla visita i magazzini e le strade di quel periodo, si è dovuto rinunciare a esporre edifici e infrastrutture più antiche. Grazie a limitati approfondimenti di scavo, oggi ricoperti, sappiamo che appena più in basso si celano gli ambienti di una villa del I-III sec. d.C. con pavimenti a mosaico in cotto e banchine portuali del I secolo d.C.

10. Costruire riciclando

Dopo la fioritura della prima età imperiale, collegata alla presenza del porto militare, il nuovo ruolo di terminal commerciale di Ravenna assunto da Classe nel V e VI secolo d.C., ne determinò un rapido sviluppo urbanistico. Per costruire nuovi edifici e infrastrutture fu ampiamente utilizzato materiale edilizio prelevato da costruzioni più antiche. Tutto quanto era in rovina fu demolito e smontato per cavarne materiale da costruzione.
Non furono risparmiate nemmeno le necropoli. Osservando i resti del quartiere portuale si può constatare come le murature siano state erette utilizzando mattoni e tegole degli edifici romani, componenti architettoniche in pietre diverse, finanche pezzi di statue e di sarcofagi. Anche la malta che li tiene insieme è frutto di un riciclo: la calce era ottenuta da marmi e calcari provenienti dalle demolizioni, bruciati in apposite fornaci.
A partire dalla metà del VII secolo d.C. i magazzini del porto, oramai in stato di abbandono, subirono la medesima sorte: furono demoliti per costruire le ultime abitazioni e i nuovi centri di culto. La produzione di mattoni era infatti cessata nel III d.C. e sarebbe ripresa solo nel XII-XIII secolo.

Fornace da calce a pianta circolare (metà VI secolo d. C.)

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